La storia della Basilica

a cura di Massimiliano Monaco

 

La chiesa di San Francesco d’Assisi, dopo la cattedrale, è il monumento sacro più insigne di Lucera. I fedeli, i turisti e gli amanti dell’arte la visitano volentieri per ammirarvi non solo l’elegante ed essenziale struttura tipicamente gotica, la severa ed armoniosa semplicità tutta francescana dei suoi lineamenti, ma anche le pregevoli opere d’arte: sculture e pitture conservate tuttora in buon numero. Ma più che dalle testimonianze dell’arte, essi sono “catturati” dalla figura di San Francesco Antonio Fasani (1681-1742), modello di fede del Settecento pugliese, la cui presenza è attestata con eloquente linguaggio in ogni pietra del sacro edificio.

Non si può entrare in questo Santuario senza sentirsi avvolti da un’atmosfera di gravità religiosa, senza essere sedotti da quella sensazione di pace e tranquillità suggerita dalla poca luce, carica di misticismo, che penetra dalle vetrate iridescenti. Una vera oasi di pace e di raccoglimento, in cui il silenzio è particolarmente sensibile alle rasserenanti suggestioni delle voci dell’anima. La forma ogivale, dappertutto presente, sta quasi ad indicare che l’esperienza del mondo non può non avere la punta verso l’alto, verso il cielo.

Nella sommessa armonia della luce, che a fatica sembra vincere la grande ombra, tutto in questo santuario parla del “Padre Maestro” e della sua meravigliosa attività di sacerdote e di apostolo. In essa il Fasani vi trascorse quasi tutta la vita, dagli anni della fanciullezza a quelli della sua operosa maturità. Parla di lui il rozzo pulpito di pietra grigia dal quale tuonò la sua voce di maestro quasi tutti i giorni per oltre trent’anni. Di lui recano testimonianza vivace di pietà e di intenso raccoglimento tutti gli altari della chiesa, su cui salì devotamente ogni mattina.

Parlano di lui i devoti simulacri dell’Immacolata, la sua cara Madre e Regina, del Crocifisso, dell’Ecce Homo e di San Francesco, pregevoli anche sotto il profilo dell’arte, dinanzi ai quali era solito passare le sue ore più gradite, assorto nella dolcezza della contemplazione silenziosa o nel rapimento dell’estasi. Intorno all’altare dell’Immacolata si accentrarono tanti commoventi episodi della sua vita. Davanti ad esso egli si tratteneva a pregare ogni giorno, dopo la recita del Vespro, e spesso anche di notte, e più volte fu visto rapito in estasi nell’atto di rimirare il simulacro.

Ma è soprattutto nell’abside luminosa, prostrato ai piedi dell’altare maggiore, davanti al tabernacolo eucaristico o rannicchiato in uno stallo del vecchio coro, che va cercata e sentita la presenza del nostro santo. I suoi biografi ce lo ricordano spesso proprio lì assorto in preghiera e in devoti pensieri, qualche volta astratto dalla realtà della vita ed elevato alle sublimi visioni del cielo. E sotto l’altare maggiore parla di lui la sua tomba, «il tesoro della Chiesa», dove i suoi sacri resti giacciono racchiusi in una preziosa e artistica urna di bronzo.

Parla di lui anche l’antico convento francescano, ormai radicalmente trasformato in carcere giudiziario, che custodisce tante care memorie del Santo. Qui egli vi dimorò per circa quarant’anni, pregando, studiando e offrendo al Signore le più aspre penitenze. Nel silenzio e nel raccoglimento della clausura conventuale, qui è possibile visitare la sua umile cella, posta in un breve corridoio nelle vicinanze del campanile, a fianco della scala maggiore che conduceva al dormitorio: umida, stretta e disadatta ad abitarci, tanto che dopo la morte del Santo fu adibita a granaio.

Parla di lui anche la Confraternita della S. Croce, SS. Trinità e B.V. Addolorata, ispirata dal suo messaggio di amore e di carità, quell’opera di misericordia che «s’ha da fare».

Visitare perciò la basilica-santuario di Lucera, riscoprire amorosamente le tante memorie che lo associano alla vita e alle opere del Padre Maestro, può riuscire gradito al lettore e al visitatore, al pellegrino e al devoto, oppure al semplice passante. I lucerini che hanno la fortuna di frequentarlo saranno lieti di sentirsi ripetere notizie care e suggestive. Quelli poi che vivono lontani dalla propria città, saranno contenti di ritornarvi almeno col pensiero e di rivivere le ore serene della fanciullezza, visitando in devoto pellegrinaggio la chiesa e avvertendo, fra quelle mura benedette, la dolce e desiderata presenza del loro Padre Maestro.